Consumi

Mi piove la mula dai jeans

21 Novembre 2023

Si dice che per poter capire qualcuno devi prima conoscerlo. Io sono molto incuriosito da come i giovani oggi pensino, si esprimano, quale sia l’idea che hanno del presente, del passato e del futuro. E di certo per poter approfondire l’argomento bisogna immergersi nel loro mondo e cercare di decifrarlo.

È chiaro che il gergo che s’inventano i giovani, come quello che ci inventavamo noi quando avevamo la loro età, oggi è più complesso forse anche perché è mistilingue in misura maggiore rispetto ai nostri tempi, cosa dovuta alla più grande diffusione di altre culture attraverso il maggior numero di media disponibili e, soprattutto, la velocità in tempo reale delle informazioni. La velocità è la chiave.

Si accusa il genere trap, che sembra essere molto seguito da una parte di giovani, di essere un lavaggio del cervello verso la banalizzazione distruttiva di qualsiasi cosa, dove si passa da un tiro di qualcosa a una scopata usa e getta, senza nemmeno riflettere che cosa siano l’uno e l’altra, del perché si fa e delle conseguenze. E, analizzando i testi e la musica, anche se è veramente ripugnante per me chiamare “musica” quei ritmi ossessivi e rumorosi, quei rumori discordanti e cacofonici, si capisce un atteggiamento profondamente anarchico-nichilista di chi propone quei testi e di chi li assume come pasto per il proprio cervello.

Certamente quei testi danno l’idea del ritmo di una vita vissuta da chi apprezza quelle “canzoni”. I concetti di tempo e di spazio, nel giro di quei pochi minuti del brano, sono totalmente stravolti. Vuoi perché è probabilmente l’effetto delle droghe che ti estrania dal tempo stesso, vuoi perché le situazioni descritte in ogni verso sono come dei frame in fila, sconnessi, un verso è una situazione, il successivo un’altra e quello dopo un’altra ancora. In un verso si è consumata una scopata con una ragazza che ci sta e che non ha importanza come sia andata, è andata e basta, finita, esaurita, si passa a un’altra, un fazzoletto usato e giù nel cestino, e anche le luci della notte, la corsa su un’auto, già nel verso successivo non c’è più, ci sono capi alla moda firmati che costano un sacco di soldi, per sparire subito dopo in un altro contesto, e tutto viene elencato così, come se non esistesse che il consumo. Consumo compulsivo di tutto, oggetti, corpi, visioni. E, se c’è un video, si è talmente storditi da immagini che durano meno di mezzo secondo che si avvicendano lisergiche. Certo, come quadretto, in effetti, sembra lo specchio di una parte della società in cui viviamo, ma solo una parte. In genere quella urbana, più volubile e sensibile al consumo, con maggiori distrazioni e disponibilità rispetto alla sonnolenta (ma non meno inquietante) provincia, come testimoniano i delitti che proprio nella sonnolenta provincia si consumano di continuo. Femminicidi, delitti familiari o di mafia, nelle più varie combinazioni.

L’atteggiamento di fronte ai frammenti di realtà che si susseguono senza sosta nei versi pieni di termini in altre lingue, possibilmente già slang, con contrazioni di parole della nostra, tipica della gioventù, la “situa”, la “depre”, oppure la “mula”, sinonimo di soldi (“mi piove la mula dai jeans, tienimeli nella tua Chanel” dice una “canzone” di Lazza), e così via, non contiene altro messaggio che il vivere questi frammenti di realtà per quel momento e basta. Non c’è altro viatico, senza un futuro, senza una visione. Anzi, c’è forse un’esaltazione di questo stile di vita, come se fosse un traguardo. Ovviamente un traguardo da privilegiati: chi non ha i soldi non se lo può permettere però può aspirarvi. Magari rapinando la gente per strada perché tanto chi se ne frega, l’obiettivo è soddisfare queste voglie senza alcun progetto per l’avvenire. Tutto è ridotto a oggetto per il protagonista del pezzo, le donne, le macchine, il Moncler, qualsiasi capo d’abbigliamento costoso. Il narcisismo sfegatato e ostentato non viene neanche messo in discussione. Il tutto in un baccano infernale dove a stento si capiscono le parole vomitate a velocità e pronunciate che sembrano una lingua aliena, perché tutto è un vortice, non c’è il tempo di pensare alla logica, orpello antidiluviano, le frasi sono sconnesse, la sintassi non esiste.

Ovviamente i trapper sanno benissimo ciò che fanno, i versi sono assolutamente pensati per bucare, chi compie queste operazioni è cosciente di cosa stia dicendo e propagando. La massa no, la massa subisce un’ipnosi, magari aiutata anche dal consumo di droghe più o meno leggere, magari in discoteca dove non si va più per ballare ma per sballare, e poi magari compiere le gesta delle canzoni trap.

Questa è una parte di giovani. Si sbaglia però quando si pensa che tutti i giovani seguano il trap e che i trapper e i rapper siano i nuovi messia, come, per noi di una certa età, potevano essere Joan Báez o Bob Dylan. Molti altri seguono strade diverse, apparentemente più pacate o più rumorose e non meno aggressive. Il rock metallico o quello industriale continua ad andare alla grande, per esempio, e i concerti negli stadi sono sempre pieni, emozionando fette di fruitori. Così come pure si riempiono di fan di Gigi D’Alessio o di qualche altro neomelodico.

Di certo l’attrattiva malavitosa di certi autori è sempre in agguato e le storie estreme portate come spettacolo fanno presa. Vedi il successo di Gomorra, serie. I delinquenti sono percepiti spesso come eroi positivi.

È un po’ come la canzone messicana El preso numero nueve, dei fratelli Cantoral, che è una canzone melodica di sicura presa drammatica, che, pur cantata da cantanti progressiste come Joan Báez e Chávela Vargas, aveva un testo che, alla fine, esaltava il delitto passionale, col prigioniero che dice al confessore che non si pente e che, al contrario, perseguiterà i colpevoli del tradimento per l’eternità, perfino nell’aldilà. Mica male come messaggio. Non so quanto la gente non si identifichi coll’assassino piuttosto che colle vittime del delitto, alla fine il prigioniero condannato a morte è presentato quasi come un eroe, appunto. Non molto diverso da quello delle canzoni trap che usa e getta le donne come se fossero oggetti, in fondo.

La musica e la letteratura hanno sempre proposto modelli, perché contengono un aspetto drammatico in sé. Le opere liriche o i drammi in prosa abbondano di esempi. I dolori del giovane Werther, di Goethe, dove il protagonista alla fine si suicida per amore non corrisposto, causò un’epidemia di giovani suicidi per amore e il libro, in alcuni stati, fu addirittura censurato. Goethe, che non immaginava simili conseguenze, fu costretto a cambiare il finale. Ma lì siamo in presenza di un romanzo assai articolato e pieno di riflessioni profonde. Una “canzone” trap è assai più stringata e sicuramente poverissima idiomaticamente e concettualmente. Però crea modelli, che le menti meno attrezzate non esitano a seguire perché riempie un vuoto.

Colpevolizzare le canzoni trap però non è la soluzione. I problemi sono assai più profondi e provengono da una serie di situazioni molto complesse delle nostre società, per lo più oscure nella percezione comune che noi abbiamo del nostro Paese.

È comunque sul quel vuoto che bisogna lavorare, ma è solamente parlando coi ragazzi che si può capire da dove provenga questa sensazione di vacuo o, almeno, perché loro la vivono o la interpretano così. Ricordiamo che pure per noi l’adolescenza e la gioventù non sono state così facili da affrontare, avevamo moltissimi dubbi sul futuro perché erano gli anni del terrorismo, della Guerra Fredda, delle mafie scatenate e di tante altre cose che oggi sembrano archeologia. Però avevamo delle risposte, avevamo un progetto di futuro, cosa che oggi manca completamente a dispetto di una tecnologia che sembrerebbe risolvere tutti i problemi.

Noi sappiamo benissimo che è il consumismo a creare questo vuoto perché ogni cosa è diventata un oggetto che dobbiamo assolutamente avere per essere, altrimenti non esistiamo. E se non l’abbiamo cadiamo in un abisso di insoddisfazione, spesso riempito dalla droga e dalla percezione di una realtà distorta, con tutte le conseguenze del caso.

Per esempio, per non pochi uomini, le donne sono considerate, ancora oggi, oggetti da possedere, da usare e da uccidere, se non fanno come dicono i loro “possessori”. Su questo c’è parecchio da lavorare, e di certo culture maschiliste come quelle patriarcali di origine mediorientale o esteuropee hanno il loro peso, anche perché all’antico pregiudizio culturale si è aggregato il consumismo di stampo occidentale che ha aggravato il tutto. L’Iran, il Pakistan, l’Afghanistan, i paesi arabi e molti africani sono indietro di secoli e le donne, lì, non se la passano per niente bene. Tutte. E non solo loro.

In Europa abbiamo dentro di noi gli strumenti per combattere queste devianze, perché le società occidentali, pur imperfette e con un passato pesante, hanno sviluppato nel corso dei secoli gli anticorpi per abbattere le disuguaglianze. Non dobbiamo dimenticare che fino a non molti anni fa da noi il delitto d’onore era quasi una medaglia per chi lo commetteva, almeno nell’immaginario popolare. Oggi è deprecato dalla maggior parte della popolazione, per fortuna, e ci sono leggi ferree che condannano l’omicida sebbene, purtroppo, non riportino in vita le vittime. E, nonostante ciò, ancora molti passi sono da fare per una effettiva parità di genere, almeno in Italia, soprattutto a livello educativo. Le conquiste sono state lente ma ci sono state. In quei paesi lontani no.

Ci eravamo illusi che il progresso potesse portare solo luce nei cervelli delle persone. Progresso, però, vuol dire soprattutto istruzione, non solamente soldi, soldi, soldi e consumo illimitato (vedi l’esempio degli Emirati Arabi, dove i soldi abbondano ma non i diritti umani), il “benessere” che ci si meritava dopo le distruzioni della guerra e i danni delle dittature. “Benessere” per cui si è disposti anche a delinquere per averlo.

La consapevolezza di chi eravamo, di chi siamo e di cosa potremmo diventare ce la può dare solo una solida istruzione, che unicamente può aiutarci a capire, a decifrare la realtà e distinguerla da ciò che viene spacciata per realtà e non lo è, essendo manipolazione.

Per questo le canzoncine trap non sono così innocue come apparentemente sembrano, sebbene siano solo una parte del problema. E i giovani bisogna coinvolgerli in cose costruttive, in progetti, spiegando per bene e ripetutamente, senza cedere mai, tutto ciò. Prossimamente vi parlerò di un progetto green per i giovani in Toscana, per iniziativa di un artista e di un naturalista, di cui sono venuto a conoscenza.

Nella scuola i genitori dovrebbero entrarci il meno possibile e lasciar fare agli insegnanti il loro mestiere. E se i figli prendono motivatamente brutti voti che si rendano conto del perché, i figli non vanno protetti dagli insuccessi ma bisogna mostrare loro che possono esserci anche quelli, la soluzione sta nell’affrontare quegli insuccessi e porvi rimedio, non importa se si perde un anno o due. I ministri dell’istruzione dovrebbero star buonini perché hanno fatto più danni loro colle loro “riforme” che le cavallette in Egitto. La politica ha colpe enormi nell’involuzione delle nostre società. Si è tentati di pensare che sia stato volutamente fatto apposta tutto, conoscendo il programma di diseducazione della P2, associazione criminale ed eversiva, smascherata in tempo e disciolta, poi proseguito nei fatti coll’ascesa e il trionfo dell’affiliato Silvio Berlusconi (tessera P2 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978) che, non dimentichiamolo mai, ha eseguito tale e quale suddetto programma ed ha anche avuto i funerali di Stato. L’abolizione del valore legale dei titoli di studio era uno degli obiettivi della P2, così come la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle province, la trasformazione delle università in fondazioni di diritto privato e tante altre belle cosine. La storia di tutta questa deriva si trova facilmente sulla rete eppure la percezione che la maggior parte delle persone ha di Berlusconi e dei suoi protetti è positiva, tant’è che la consacrazione di Fratelli d’Italia l’ha compiuta lui.

È di ieri la notizia, che ha titoloni enormi sui giornali esteri ma di cui in Italia si parla assai poco, della condanna di un bel po’ di boss della ‘Ndrangheta di Vibo Valentia in cui è implicato un ex-senatore di Forza Italia passato poi a Fratelli d’Italia, Giancarlo Pittelli, e del cui passaggio Meloni era radiosa. Con lui e i boss, condannati anche ex-carabinieri ed ex-agenti Dia, cioè chi dovrebbe proteggerci ed è pagato per farlo colle nostre tasse. Also sprach Meloni quando ci fu il passaggio nel suo partito: “Sarà un valore aggiunto”. Bel valore, complimenti, Meloni, occhio d’aquila.

https://www.repubblica.it/cronaca/2023/11/20/news/vibo_valentia_processo_rinascita_scott_11_anni_condanna_ex_senatore_giancarlo_pittelli-420841921/

https://www.lemonde.fr/en/international/article/2023/11/20/hundreds-convicted-in-historic-italian-mafia-trial_6273063_4.html

Sarebbe ora di ricordarlo a Meloni, così come sarebbe ora di ricordarlo agli elettori di Meloni e di Forza Italia che bello schifo sono quei partiti. Vuoi che Meloni non sapesse chi fosse Pittelli, dal momento che ne andava così fiera? Potrebbe darsi che non avesse conosciuto mai quest’attività massonica e sotterranea, così come ignora o mostra di ignorare migliaia di cose, a partire dal carattere espansivo del suo ex-compagno, ma a quei livelli le cose si sanno, si sa chi è un simile personaggio e cos’ha fatto, quali sono i suoi legami, soprattutto in una regione come la Calabria. Più comodo, forse, chiudere gli occhi davanti alla prospettiva di una clientela elettorale assicurata dalle mafie e dire che è un valore aggiunto.

Le famiglie mafiose condannate in questo processo sono davvero tante e, in Calabria, il tessuto sociale arretratissimo lì è ancora intriso di una cultura del ricatto e del delitto, anche d’onore. I valori di famiglia sono sovvertiti e per famiglia s’intende tutta un’altra cosa, con buona pace del presidente Meloni che ha sempre davanti agli occhi la Sacra Famiglia.

Difficile immaginare qualcosa di diverso e di costruttivo nell’educazione che si tramanda da genitori a figli in quei brandelli di società di semianalfabeti.

La società italiana, nel suo complesso, è comunque cambiata radicalmente rispetto a cinquant’anni fa, alcune cose sono migliorate, ma la consapevolezza dei cittadini, oggi, vacilla sempre più e c’è un analfabetismo di ritorno assai grave. I danni perpetrati da un concetto della vita patriarcale e ipocrita come quello berlusconiano sono stati enormi e hanno influenzato diverse generazioni. L’apparente attenzione per il sesso femminile del cavalierissimo era in realtà un concetto della donna da usare e anche retribuire per il lavoro di servitù svolto. Pagato bene, va detto, viste le tariffe delle olgettine. E la manipolazione dell’informazione operata dal cavaliere d’Italia e dai suoi è stata colossale e continua ancora oggi alla grande.

Gli analfabeti sono più facili prede degli slogan e dell’irrazionale, proprio perché non possiedono gli strumenti critici per distinguere le cose. È facilissimo dirigere le masse composte di analfabeti, si è visto come le destre abbiano avuto così facile accesso dappertutto, soprattutto negli strati della popolazione legati alle mafie, e come, una volta al governo, stiano sfasciando parabolicamente le cose, una parte delle quali, malgrado tutto, continuano a funzionare, non si sa fino a quando.

Le colpe sono anche di un’opposizione inerte e inetta, che ha dimenticato come si fa a dialogare colla base, che ha assunto le vesti di una borghesia consumistica e che non ha più saputo riempire il vuoto che proprio il consumismo ha creato. Niente di male che la borghesia si riscopra progressista, beninteso, anzi, assolutamente meglio così, ma la mancanza di contatto cogli strati sociali meno istruiti e più periferici ha determinato quel vuoto così attraente. Le destre più estreme hanno semplicemente riempito questo vuoto colpevolizzando le sinistre e rispolverando slogan obsoleti, assolutamente in contrasto con ciò che sono profondamente (le regole servono per gli altri mica per loro, si è visto col presidente del Senato che aveva già interrogato e assolto il figlio indagato per stupro), slogan che però offrivano certezze ai dubbi delle masse. Dubbi totalmente vilipesi e ingannati certezze usate solo a scopo elettorale per raggiungere le stanze dei bottoni, come da copione già visto e rivisto (come farà il neo presidente argentino Milei, come hanno fatto Trump e Bolsonaro nei rispettivi paesi) ma impossibile da focalizzare per chi non ha mezzi critici o per chi è complice di un simile andazzo.

Il risultato è quello che vediamo. Buona parte dei giovani sembra orientata verso queste destre insulse, un’altra parte si richiude in sé stessa e vive in un mondo fittizio fatto di consumo, anche nel peggiore senso che si può immaginare. L’educazione familiare, quella della famiglia tradizionale, cristiana e italiana, così amata dal signor Meloni e dal suo cerchio magico, vacilla da tutte le parti, la scuola non ne parliamo, i messaggi dei media portano al consumo compulsivo e si fa presto il conto. Il centro di gravità permanente, così agognato da tutti, rimbalza come una palla da biliardo da una parte all’altra del tavolo verde, scomparendo di tanto in tanto nei buchi.

Come fermare questa deriva? Coll’educazione sessuale e sentimentale nelle scuole? Può essere un’idea ma… chi garantisce che poi chi insegna educazione sessuale non dica ai ragazzi che l’omosessualità è contro natura, come sosteneva il generale autore del Mondo al contrario? Chi stabilisce il programma ministeriale da adottare? Si delega il movimento Pro Vita a insegnare educazione sessuale nelle scuole, vista la vicinanza ai partiti di governo attuali? È un’arma a doppio taglio, soprattutto con un governo orrendo come questo al potere che, sulla sessualità, si porta dietro dei tabù atavici dovuti a secoli di dominazione ecclesiastica. Inoltre chi potrebbe mai garantire che le cose cambierebbero, almeno nell’immediato? Un cambiamento culturale richiede molti anni per poter essere assimilato da una popolazione, come dimostrato negli anni di lotte per diritti civili degli ultimi cinquant’anni, e una notte solamente per essere distrutto. Le famiglie, poi, che sicurezze possono offrire visto che non sono in grado di educare i figli a non avere rispetto nemmeno per gli insegnanti a scuola o ad assumere atteggiamenti violenti con chicchessia? Quanti ragazzi bisognerebbe togliere dalla tutela di genitori inadatti e quanto tempo e denaro ci vorrebbe per rieducare gli uni e gli altri, ammesso che vogliano essere rieducati? Il problema è di una complessità enorme e va conosciuto fino in fondo per essere affrontato e per tentare una soluzione. Sguinzagliare solo i mille poliziotti in un quartiere periferico della Campania non serve a niente, ci vogliono anche eserciti di assistenti sociali, coscienti e bravi, e strutture di rieducazione per genitori e figli. E ancora non basta.

Bisogna integrare con altri metodi che raccontino una versione dei fatti proficua.

Io proporrei di usare, in aggiunta, le stesse armi che si usano per destabilizzare. Ossia le canzoni. Chiediamo ai gentili autori, cantanti, musicisti, almeno quelli con una consapevolezza, di tornare a essere militanti e di provare a galvanizzare i giovani con testi e musiche come facevano Guccini, De André, Gaber e tanti altri nella seconda parte del Novecento. Di ciarpame mediatico ne abbiamo abbastanza. Quelle canzoni sono rimaste, per fortuna, queste di oggi durano una stagione e poi sono spazzatura (lo erano anche prima), non verranno più ricordate da nessuno perché si esauriscono da sé. Cari autori, musicisti, registi, attori, siate produttivi, ingegnatevi, tornate ai teatri e nelle piazze e ribellatevi alle case discografiche e ai produttori che esaltano l’effimero, fateli fallire. Opponetevi alle derive trap o rap che non costruiscono nulla. Disertate le trasmissioni televisive in reti postberlusconiane, o le feste politiche, riappropriatevi dei mezzi dell’arte. Usate i social per come andrebbero usati e bypassate la politica, sconfiggetela, opponetevi, tornate a parlare alla gente. La grossa fetta di persone che non votano più forse aspetta solo questo, un’azione di intellettuali e artisti con un pensiero. Un pensiero vero. Impadronitevi di quel vuoto e inondatelo di idee, di sentimenti, di viatici, tutto pur di non lasciare gestire il futuro a questi politici orrendi.

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