Ai tempi di Canova esisteva già il merchandise

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27 Gennaio 2020

Quanto costava un’opera di Canova? Grazie al rivoluzionario metodo di lavoro, lo scultore era in grado di produrre repliche in marmo dei modelli in gesso. Così era possibile soddisfare più richieste e ampliare il mercato. Ma di fatto i lavori del maestro erano costosissimi, proprio in ragione di una domanda sempre crescente. Facciamo qualche esempio: la prima versione del Perseo (mai consegnata perché bloccata da Pio VII a Roma come risarcimento della sottrazione dell’Apollo del Belvedere), costò al tribuno francese Onorato Duveyriez 2.000 zecchini. Il Palamede, commissionato dal segretario generale della Repubblica Cisalpina Giuseppe Sommariva per la sua villa di Tremezzo nel 1798, fu pagato 5.000 scudi. Si ruppe quando era ancora nello studio dello scultore, e il committente domandò una riduzione sul pagamento già effettuato, ma Canova si disse pronto a rifarla. Poi l’opera fu oggetto della richiesta di un collezionista polacco, e Sommariva nella paura di perderla preferì averla restaurata. Lo stesso Pio VII acquistò per 2.500 zecchini il pugilatore Creugante, mentre il principe Abbondio Rezzonico, nipote di Clemente XIII, versò 22.000 scudi per il monumento funebre del pontefice, inaugurato il 6 aprile del 1792.

Museo Thorvaldsen, Copenaghen

Museo Thorvaldsen, Copenaghen.

Esisteva dunque una schiera di collezionisti e committenti che, in virtù di mezzi economici eccezionali, poteva permettersi le opere di Canova: principi, pontefici, dignitari di corte, alti funzionari di Stato, militari e politici appartenenti alla nuova classe dirigente. La passione collezionistica per la scultura del grande artista veneto sembra in tal senso tenere mirabilmente assieme nobiltà di ancien régime e il nuovo potentato affermatosi nella scia della diffusione dei valori rivoluzionari grazie alle campagne napoleoniche. Anche coloro che non avevano la ricchezza necessaria ad assicurarsi una scultura di Canova potevano celebrarne il culto attraverso il possesso di quello che oggi chiameremmo merchandise. La mostra Canova e Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna alle Gallerie d’Italia dedica una sezione intitolata Icone popolari. L’immagine moltiplicata dei capolavori, ai formati in cui le opere dei due scultori sono state divulgate, attraverso l’utilizzo di diversi media e tecniche.

Benedetto Pistrucci,Trionfo di Napoleone Bonaparte, da Antonio Canova, ante 1815, cera gialla su ardesia, 91x113x4 mm, Roma, Museo della Zecca, Istituto Poligrafico dello Stato.

Benedetto Pistrucci,Trionfo di Napoleone Bonaparte, da Antonio Canova, ante 1815, cera gialla su ardesia, 91x113x4 mm, Roma, Museo della Zecca, Istituto Poligrafico dello Stato.

Calchi in gesso, pittura, incisione, hanno consentito, in molti casi con grandi tirature e dunque basso costo per l’acquirente, di raggiungere un pubblico molto ampio. Si va dalle riproduzioni in bronzo  che costituivano una forma eccezionale di elemento d’arredo, alla miniaturizzazione dell’immagine delle sculture più famose in eleganti cammei, sino alle grandi litografie di Michele Fanoli, stampate tra il 1841 e il 1846 a Parigi. Si tratta di una vera e propria suddivisione per generi dell’opera di Canova, ambientata in diversi luoghi emblematici. Nessun repertorio più di quello del Fanoli restituisce l’idea della vastità e della varietà della produzione dello scultore, dalle Statue gentili e amorose ai Soggetti eroici in un’arena, dai Ritratti in un pantheon alle Tombe e mausolei in un vasto sotterraneo, sino ai Soggetti religiosi in una chiesa. Lo studio dal vero dei gessi avvenne a Possagno, ma Fanoli si era certamente documentato sull’intero corpus dell’opera canoviana.

Michele Fanoli, "Opere di Antonio Canova. Statue gentili e amorose", Venezia, Parigi, Lit. Lemercier, 1841, litografia su carta velina controfondata, 530x755 mm, Milano, Biblioteca Nazionale Braidense.

Michele Fanoli, “Opere di Antonio Canova. Statue gentili e amorose”, Venezia, Parigi, Lit. Lemercier, 1841, litografia su carta velina controfondata, 530×755 mm, Milano, Biblioteca Nazionale Braidense.

Furono soprattutto le manifatture milanesi a specializzarsi in sontuose riproduzioni in bronzo dorato, ma lo stesso tipo di oggetto è presente anche a Roma, creazione di fucine capitoline a stretto contatto con l’atelier di Canova, che andarono a sostituire i bronzetti che rifacevano in serie i capolavori dell’antichità e che a metà Settecento erano diventati uno dei souvenir prediletti dei viaggiatori del Grand Tour. Anche la medaglistica e la glittica parteciparono infine al culto. Sorprendente è in tal senso la qualità dei piccoli cammei in cera realizzati da Giovanni Antonio Santarelli, che ritrasse Canova in forme idealizzanti, e Thorvaldsen in modo più diretto, raffigurandolo in abiti moderni. E se Chateaubriand visitando Venezia nel 1833 scriveva poi nelle “Memorie d’Oltretomba” che c’era “un busto di Canova in ogni albergo e perfino nelle capanne del Lombardo-Veneto”, pure l’avversario danese fu riprodotto in serie, in particolare i tondi de Il Giorno e  La Notte, i cui bassorilievi furono tradotti dal pittore tedesco Adolf Senff in versioni destinate alle camere nuziali, diventando dunque un vero e proprio oggetto di corredo.

Adolf_Senff, "Die Nacht mit ihren Kindern Tod und Schlaf", 1822, Staatliche Museen zu Berlin, inv.nr. A III 490.

Adolf_Senff, “Die Nacht mit ihren Kindern Tod und Schlaf”, 1822,
Staatliche Museen zu Berlin, inv.nr. A III 490.

TAG: arte, Gallerie d’Italia, Mostra Canova
CAT: Arte

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